lunedì 19 marzo 2018

Luigi Natoli: l'incontro con donna Caterina. Tratto da: La Baronessa di Carini.


Quella era la prima domenica di marzo; una domenica chiara e luminosa, alla quale i mandorli fioriti davano la loro dolce fragranza.

Il signor don Vincenzo fin dall’alba si trovava nella madre chiesa, dove supponeva che donna Caterina sarebbe venuta ad ascoltar la santa messa, avendo in quella chiesa i La Grua sepoltura gentilizia. Aveva già udito due o tre messe, circondato da una folla di contadini neri e feroci, che tra le vesti mostravano l’impugnatura di un coltellaccio o di una falcetta, e tra le mani avevano rosari e discipline. Egli però era così preoccupato, era così sopraffatto dal suo pensiero, che prestava poca attenzione alle sacre funzioni; e una volta, all’elevazione, una divota scandalizzata di quel contegno da eretico, non seppe tenersi dall’avvertirgli che era tempo di inginocchiarsi. Don Vincenzo aggrottò le ciglia, ma arrossì, quale chi è scoperto mentre commette un fallo; si inginocchiò divotamente, ma dimenticò poi di levarsi, e restò genuflesso finchè durò la messa.

Finalmente un bisbiglio sommesso lo riscosse; guardò verso la porta; da una grande lettiga scendevano donna Caterina, le sue sorelle donna Eleonora e donna Maria e donna Laura sua madre. Entrarono in chiesa, seguite da Jacopo Saponara e da altri tre paggi. Gli schiavi lettighieri rimasero fuori. Don Vincenzo, che stava presso la pila dell’acqua benedetta, dimenticò allora ogni convenienza; voltò le spalle all’altare maggiore, non vedendo nella chiesa altro Iddio che la soave fanciulla; e col volto in fiamme, con cortese premura, tuffò le dita nella pila dell’acqua benedetta, e inchinandosi, porse la mano prima a donna Laura, poi alle ragazze, e all’ultimo, dopo aver rituffato le dita, a donna Caterina. Così era sicuro che le dita delle altre non potevano cancellare la impressione soave che la mano della fanciulla lasciava nella sua.

Elle, sorridendo, presero l’acqua: solo donna Caterina non sorrise: bianca come un giglio, avvolta nel suo mantello, stese e toccò appena la mano di don Vincenzo. egli trasalì, sentì un fremito per tutta la persona; ella non parve che leggermente sorpresa di trovare quel gentil cavaliere, e lo guardò curiosa.

Andarono a sedere nelle loro sedie di cuoio, accanto all’altar maggiore; donna Caterina aveva un libro di devozioni; aprendolo, domandò sottovoce alla signora donna Laura:

- Non è nostro cugino Vernagallo quel cavaliere?

- Don Vincenzo – rispose la signora baronessa.
Donna Caterina cercò nel libro le preghiere; ma dopo letto il primo rigo si voltò per guardare il cugino Vernagallo. Egli era rimasto in piedi, immobile, a canto alla pila dell’acqua benedetta: il suo volto era diventato pallido, ma negli occhi suoi s’era raccolta la intensa passione che lo divorava. Innanzi a quella fanciulla bianca e serena come una statua, il suo piano rovinava; aveva contato su l’acqua benedetta per accompagnare le signore e avere un pretesto di stare accanto a donna Caterina e vagheggiarla a suo agio; adesso l’anima sua tremava e sentiva mancarsi tutto il coraggio. La guardava da quel sito con un desiderio amaro, con una angoscia piena di amore. Quando donna Caterina si voltò verso di lui, quando vide quei grandi occhi turchini posarsi dolcemente sopra i suoi, egli trasalì, sentì il sangue dargli un tuffo nel cuore e nella testa, e gli occhi gli si annebbiarono...


Luigi Natoli: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue. 
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