Nella Pasqua del 1322, in
un torneo tenutosi nelle feste per la coronazione dell’infante Pietro, che re
Federico si associava al trono, messer Francesco Ventimiglia vide a un palco,
fra altre dame, la fanciulla dei Chiaramonte, Costanza.
Era così bella, così
gentile, così affascinante, che messer Francesco non potè non ammirarla.
Certamente ella sarebbe stata una degna contessa di Geraci. Avrebbe recato non
soltanto la beltà e la ricchezza, ma anche lo splendore di un nome, che in quei
giorni sopravanzava su tutti. Il suo orgoglio si destò: l’idea di quelle nozze,
che da prima aveva scacciato come assurda, cominciò a sembrargli conveniente e
possibile. Ci pensò sopra.
- Ci son baroni traditori,
– insinuava il vecchio servitore; – ai quali il re confisca i feudi. Il vostro
Franceschello potrebbe ottenerne l’investitura, e diventare il capo stipite di
un’altra branca dei Ventimiglia, conservando le vostre armi, aggiungendovi la
sbarra di bastardo, per distinguersi dal ramo legittimo: e voi, messere,
avreste così assicurato l’avvenire dei vostri figli, allargata la vostra casa
di nuovi rami, accresciuta la vostra potenza. Il re stesso sarebbe da meno di
voi.
Batti oggi, batti domani,
la vinse. Messer Francesco domandò la mano di madonna Costanza, e giammai nozze
suscitarono tanto consenso e tante invidie, quanto quelle, che salirono alla
importanza di un avvenimento storico. Esse furono celebrate nel maggio di
quell’anno con pompa regale.
Madonna Margherita non si
oppose, non si dolse, non si adirò. Quando il conte un po’ impacciato le
annunziò la necessità di quelle nozze, chinò il capo rassegnata, il conte non
vide il lampo che quei begli occhi sfolgorarono prima di chinarsi, né le
lagrime che luccicavano tra le palpebre. Vide quella sommissione inaspettata,
quella mansuetudine silenziosa, e se ne commosse.
Quando messer Francesco
verso sera, se ne fu andato, Madonna Margherita si gittò sul letto piangendo
disperatamente di dolore, di collera, di gelosia. I sogni che aveva vagheggiato
per sé e pei figli svanivano. Ella non sarebbe mai stata altro che la ganza del
nobile conte, e i suoi figli, bastardi. Altri avrebbe raccolto l’eredità che
ella aveva sperato pel suo Franceschello; quella Madonna Costanza avrebbe con
le sue carezze obbligato il conte a scacciare la povera amante. Tradita,
abbandonata, forse miserabile, che sarebbe stato di lei? Che dei figli?
Urlava, percotendosi il
capo, maledicendo l’intrusa, ardente d’odio e di gelosia, confondendo nello
stesso sentimento anche il conte:
- Ah! Tu credi che io mi
rassegni? Che io mi lasci portar via tutto? T’inganni! T’inganni!...
Volle passare dinanzi alla
casa di messer Francesco: attraverso una finestra vide un lume; pensò che lì
forse era la camera nuziale, e che in quel momento Costanza offriva la bella e
fresca bocca giovanile ai baci di messer Francesco; e allora alzò i pugni
minacciosi verso la finestra, gridando:
- Che il tuo grembo sia
maledetto come un terreno sterile; che le tue gioie si tramutino in pianto!
Sposa di maggio, non godrai del cortinaggio!
Luigi Natoli: Latini e Catalani vol 1. - Mastro Bertuchello
pagine 575 - Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Nessun commento:
Posta un commento