Donna Laura aveva in quel
tempo trentasei anni, ma sebbene fosse madre di otto figliuoli, pareva assai
più giovane. Don Cesare, il suo primogenito, che aveva quasi venti anni, poteva
parere un suo fratello minore.
Ella era nel pieno
splendore di una bellezza giunta a quella maturità piena di seduzioni sapienti
che invano si cerca nelle giovani donne. Per quanto la moda le comprimesse il
corpo col busto stretto e lungo di vita, e la forma delle braccia sparisse
dentro le maniche a sbuffi, pure il collo, la gola, la turgidezza dei seni
rivelavano una carnosità, non abbondante, ma colma e piena di sussulti e
vibrazioni. I suoi occhi profondi, umidi, avevano il fascino del dolce peccato:
il suo sorriso aveva incanti suggestivi di desideri: tutta la sua persona
pareva modellata dalle dita divine del piacere.
Era di casa Lanza. Il
padre, don Cesare Lanza primeggiava in Palermo per autorità: era stato quattro
volte pretore, aveva sostenuto ambascerie, aveva goduto la fiducia
dell’imperatore Carlo V, e ne aveva ricevuto prove.
Nel 1543 donna Laura,
giovanissima, era andata moglie a don Vincenzo la Grua Talamanca, barone di
Carini. Il matrimonio era stato fecondo. In undici anni essa gli procreò otto
figliuoli, di cui l’ultima contava ora nove anni. Questo potrebbe far supporre
che ella amasse il marito; ma nessuno ha avuto mai l’occhio così acuto e
penetrante da scendere nelle profondità misteriose del cuore della donna.
Certo in quegli undici
anni si mostrò amorosa verso don Vincenzo, e se non ebbe slanci e impeti di
passioni, non gli fu avara di carezze, né gli dimostrò freddezza. Anche quando
il suo grembo si chiuse alla maternità, serbò pel marito quella soggezione amorevole
e affettuosa, che teneva la casa in una tranquillità invidiabile.
A tempo dell’ultimo suo
parto era stato combinato il matrimonio di Caterina, ed essa lo aveva accolto
con piacere, secondando la volontà del marito. Si era detto dapprima che le
nozze si sarebbero celebrate appena compiuta l’età voluta dalle leggi
canoniche; ma donna Laura aveva trovato che era troppo presto.
- Dodici anni?... ma è
ancora bambina!...
Sì, conveniva che molti
matrimoni si stringevano in quell’età semiinfantile, che non può dare neppur la
coscienza delle gioie; ma perché turbare così presto il candore di quell’anima
e di quel corpo non ancora adatto all’amore?
Forse in queste
osservazioni v’era una specie di segreto rimpianto, pensava che anche essa era
stata condotta all’altare giovanissima, appena sedicenne; e che allora i suoi
sensi dormivano, ed ella non comprese nulla, non provò nessuna gioia, non sentì
sussultare i suoi sensi, né fremere di desideri.
Era una cosa. Una cosa
inerte, nelle mani di un uomo che se ne serviva. I suoi sensi non si destarono
che molti anni dopo; ma quando non avevan più misteri da penetrare; e l’amore
non aveva loro preparato il dolce e vago corteo dei sogni...
Perché si era affacciata?
Quale oscuro istinto l’aveva trascinata alla grande finestra della torre, donde
si dominava la campagna fertilissima, degradante fino al mare, fra Capo Gallo e
la Punta di Raisi, e di qua e di là monti cerulei, violacei, coperti alle falde
da boschi folti di un verde cupo, velato nelle lontananze?
Donna Laura vide Ludovico
avviarsi pel suo feudo, mantenendo il cavallo al passo, come per indugiarsi
ancora; vide Ludovico voltarsi un’altra volta, a guardar la torre prima di
svoltar dal sentiero; e una vampa di sangue le salì al cervello.
Quella notte non dormì,
agitata da torbide visioni. Acuti desideri le pungevano il sangue: ella si
sentiva presa da impeti vertiginosi che le ottenebravano la coscienza...
Luigi Natoli: La signora di Carini. Leggenda pubblicata per la prima ed unica volta nel Giornale di Sicilia del 31 agosto 1910.
Fa parte di: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue.
Pagine 310 - Prezzo di copertina € 21,00.
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