lunedì 19 marzo 2018

Luigi Natoli: Donna Laura Lanza. Tratto da: La signora di Carini.


Donna Laura aveva in quel tempo trentasei anni, ma sebbene fosse madre di otto figliuoli, pareva assai più giovane. Don Cesare, il suo primogenito, che aveva quasi venti anni, poteva parere un suo fratello minore. 
Ella era nel pieno splendore di una bellezza giunta a quella maturità piena di seduzioni sapienti che invano si cerca nelle giovani donne. Per quanto la moda le comprimesse il corpo col busto stretto e lungo di vita, e la forma delle braccia sparisse dentro le maniche a sbuffi, pure il collo, la gola, la turgidezza dei seni rivelavano una carnosità, non abbondante, ma colma e piena di sussulti e vibrazioni. I suoi occhi profondi, umidi, avevano il fascino del dolce peccato: il suo sorriso aveva incanti suggestivi di desideri: tutta la sua persona pareva modellata dalle dita divine del piacere. 
Era di casa Lanza. Il padre, don Cesare Lanza primeggiava in Palermo per autorità: era stato quattro volte pretore, aveva sostenuto ambascerie, aveva goduto la fiducia dell’imperatore Carlo V, e ne aveva ricevuto prove. 
Nel 1543 donna Laura, giovanissima, era andata moglie a don Vincenzo la Grua Talamanca, barone di Carini. Il matrimonio era stato fecondo. In undici anni essa gli procreò otto figliuoli, di cui l’ultima contava ora nove anni. Questo potrebbe far supporre che ella amasse il marito; ma nessuno ha avuto mai l’occhio così acuto e penetrante da scendere nelle profondità misteriose del cuore della donna. 
Certo in quegli undici anni si mostrò amorosa verso don Vincenzo, e se non ebbe slanci e impeti di passioni, non gli fu avara di carezze, né gli dimostrò freddezza. Anche quando il suo grembo si chiuse alla maternità, serbò pel marito quella soggezione amorevole e affettuosa, che teneva la casa in una tranquillità invidiabile. 
A tempo dell’ultimo suo parto era stato combinato il matrimonio di Caterina, ed essa lo aveva accolto con piacere, secondando la volontà del marito. Si era detto dapprima che le nozze si sarebbero celebrate appena compiuta l’età voluta dalle leggi canoniche; ma donna Laura aveva trovato che era troppo presto. 
- Dodici anni?... ma è ancora bambina!...
Sì, conveniva che molti matrimoni si stringevano in quell’età semiinfantile, che non può dare neppur la coscienza delle gioie; ma perché turbare così presto il candore di quell’anima e di quel corpo non ancora adatto all’amore?
Forse in queste osservazioni v’era una specie di segreto rimpianto, pensava che anche essa era stata condotta all’altare giovanissima, appena sedicenne; e che allora i suoi sensi dormivano, ed ella non comprese nulla, non provò nessuna gioia, non sentì sussultare i suoi sensi, né fremere di desideri. 
Era una cosa. Una cosa inerte, nelle mani di un uomo che se ne serviva. I suoi sensi non si destarono che molti anni dopo; ma quando non avevan più misteri da penetrare; e l’amore non aveva loro preparato il dolce e vago corteo dei sogni...   

Perché si era affacciata? Quale oscuro istinto l’aveva trascinata alla grande finestra della torre, donde si dominava la campagna fertilissima, degradante fino al mare, fra Capo Gallo e la Punta di Raisi, e di qua e di là monti cerulei, violacei, coperti alle falde da boschi folti di un verde cupo, velato nelle lontananze? 
Donna Laura vide Ludovico avviarsi pel suo feudo, mantenendo il cavallo al passo, come per indugiarsi ancora; vide Ludovico voltarsi un’altra volta, a guardar la torre prima di svoltar dal sentiero; e una vampa di sangue le salì al cervello.
Quella notte non dormì, agitata da torbide visioni. Acuti desideri le pungevano il sangue: ella si sentiva presa da impeti vertiginosi che le ottenebravano la coscienza...


Luigi Natoli: La signora di Carini. Leggenda pubblicata per la prima ed unica volta nel Giornale di Sicilia del 31 agosto 1910. 
Fa parte di: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue. 
Pagine 310 - Prezzo di copertina € 21,00. 
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 


Luigi Natoli: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue.


L’alba saliva bianca e serena dietro la curva schiena d’Ustica; un venticello freddo e sottile aveva nella notte spazzato le nuvole; solo su l’orizzonte si allungavano a strisce ineguali due o tre lembi cinerei, che rigavano in bruno il chiarore del mattino. 
La postierla del castello si aprì, come un occhio nero su la muraglia tetra, il cavaliere Vernagallo uscì, avvolgendosi nell’ampio mantello; dietro a lui su la soglia apparve donna Caterina. Si presero per le mani, guardandosi teneramente.
Laggiù sull’orizzonte il cielo si colorava; su tutte le cose si stendeva una leggera indoratura; le nuvolette, come ampii petali di rose vagavano nell’azzurro: ella teneva gli occhi rivolti al cielo e la mente all’amore, termine estremo di ogni suo pensiero. Quella era stata la prima notte dolorosa per lei; le parole del frate, l’accento minaccioso, lo spettro di un castigo futuro, tutto ciò le aveva gittato il turbamento nell’anima: ella aveva raccontato all’amato la scena avvenuta nel dopopranzo, e don Vincenzo aveva tentato di rassicurarla; ma fra lei e il cavaliere, ella vedeva intromettersi la torva e minacciosa immagine del frate. Allora si era tuffata tutta nel desiderio, per dimenticare fra le braccia del bel cavaliere, fra le carezze dell’amante, l’angoscia segreta e paurosa che la tormentava.
Ella correva dietro al suo sogno, cercandolo tra le nubi dorate che erravano nel cielo; quando un frequente scalpitare di cavalli distolse gli occhi suoi.
Guardò giù nel piano; un gruppo di cavalieri che ella non distingueva ancor bene, saliva già la collina; uno di essi andava innanzi, incitava il cavallo, come per infondergli lena; il cavallo incurvava la nobile testa sul petto fumante, ed allungava il passo su lo scosceso sentiero che serpeggiava fra le rupi.
Donna Caterina guardava con sospettosa curiosità; chi potevano essere quei cavalieri? E quale urgenza li pungeva? E che venivano a cercare nel castello? Quando furono più vicini, il cavaliere che andava innanzi levò la testa in su. Donna Caterina trasalì; un fremito ghiacciato serpeggiò per le vene; le gambe le tremarono; stette come inchiodata dal terrore nel balcone.
Aveva riconosciuto suo padre.
Perché ella tremava? Non lo sapeva, al di sopra della cavalcatura le era sembrato di veder sogghignare il volto di frate Arcangelo. Era forse la punizione che giungeva?


Luigi Natoli: La baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue. 
Pagine 310 - Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 


Luigi Natoli: l'incontro con donna Caterina. Tratto da: La Baronessa di Carini.


Quella era la prima domenica di marzo; una domenica chiara e luminosa, alla quale i mandorli fioriti davano la loro dolce fragranza.

Il signor don Vincenzo fin dall’alba si trovava nella madre chiesa, dove supponeva che donna Caterina sarebbe venuta ad ascoltar la santa messa, avendo in quella chiesa i La Grua sepoltura gentilizia. Aveva già udito due o tre messe, circondato da una folla di contadini neri e feroci, che tra le vesti mostravano l’impugnatura di un coltellaccio o di una falcetta, e tra le mani avevano rosari e discipline. Egli però era così preoccupato, era così sopraffatto dal suo pensiero, che prestava poca attenzione alle sacre funzioni; e una volta, all’elevazione, una divota scandalizzata di quel contegno da eretico, non seppe tenersi dall’avvertirgli che era tempo di inginocchiarsi. Don Vincenzo aggrottò le ciglia, ma arrossì, quale chi è scoperto mentre commette un fallo; si inginocchiò divotamente, ma dimenticò poi di levarsi, e restò genuflesso finchè durò la messa.

Finalmente un bisbiglio sommesso lo riscosse; guardò verso la porta; da una grande lettiga scendevano donna Caterina, le sue sorelle donna Eleonora e donna Maria e donna Laura sua madre. Entrarono in chiesa, seguite da Jacopo Saponara e da altri tre paggi. Gli schiavi lettighieri rimasero fuori. Don Vincenzo, che stava presso la pila dell’acqua benedetta, dimenticò allora ogni convenienza; voltò le spalle all’altare maggiore, non vedendo nella chiesa altro Iddio che la soave fanciulla; e col volto in fiamme, con cortese premura, tuffò le dita nella pila dell’acqua benedetta, e inchinandosi, porse la mano prima a donna Laura, poi alle ragazze, e all’ultimo, dopo aver rituffato le dita, a donna Caterina. Così era sicuro che le dita delle altre non potevano cancellare la impressione soave che la mano della fanciulla lasciava nella sua.

Elle, sorridendo, presero l’acqua: solo donna Caterina non sorrise: bianca come un giglio, avvolta nel suo mantello, stese e toccò appena la mano di don Vincenzo. egli trasalì, sentì un fremito per tutta la persona; ella non parve che leggermente sorpresa di trovare quel gentil cavaliere, e lo guardò curiosa.

Andarono a sedere nelle loro sedie di cuoio, accanto all’altar maggiore; donna Caterina aveva un libro di devozioni; aprendolo, domandò sottovoce alla signora donna Laura:

- Non è nostro cugino Vernagallo quel cavaliere?

- Don Vincenzo – rispose la signora baronessa.
Donna Caterina cercò nel libro le preghiere; ma dopo letto il primo rigo si voltò per guardare il cugino Vernagallo. Egli era rimasto in piedi, immobile, a canto alla pila dell’acqua benedetta: il suo volto era diventato pallido, ma negli occhi suoi s’era raccolta la intensa passione che lo divorava. Innanzi a quella fanciulla bianca e serena come una statua, il suo piano rovinava; aveva contato su l’acqua benedetta per accompagnare le signore e avere un pretesto di stare accanto a donna Caterina e vagheggiarla a suo agio; adesso l’anima sua tremava e sentiva mancarsi tutto il coraggio. La guardava da quel sito con un desiderio amaro, con una angoscia piena di amore. Quando donna Caterina si voltò verso di lui, quando vide quei grandi occhi turchini posarsi dolcemente sopra i suoi, egli trasalì, sentì il sangue dargli un tuffo nel cuore e nella testa, e gli occhi gli si annebbiarono...


Luigi Natoli: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue. 
Pagine 310 - Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

Luigi Natoli: Il piede del Crocifisso. Tratto da: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue.



Un giorno, era nel 1219, dalle moltitudini del Monte Carmelo giungeva ad Alessandria un vecchio eremita: pallido, affranto dal lungo viaggio, egli non chiese un ospizio per posare le membra, né un’osteria per rifocillare le forze; i suoi occhi sfavillavano di una luce strana: egli chiese dove fosse il palazzo del patriarca, di Anastasio palermitano, della nobile famiglia dei Chiaramonte.
E quando egli fu al conspetto del patriarca:
- Padre, benedicimi! – disse – io sono Angelo eremita; vengo da Monte Carmelo; recomi per divin volere a Palermo... Ho avuto una visione, ho visto il Signor nostro, che mi ha detto: – Sorgi, o figlio, e portati ad Alessandria: ivi il vescovo ti darà la mia immagine scolpita da Nicodemo, le reliquie di Giovanni Battista, di Geremia profeta, di Giorgio, e l’immagine della Madre mia, dipinta da Luca; affinchè trasportati in Italia, si sottraggano al furore degli empi. Ed eccomi a te, o padre; benedicimi, e compi il volere di Dio!
Atanasio abbracciò il frate, si inginocchiò e sclamò:
- Te beato, o figliolo, cui la pietosa opera fu affidata!
E così Angelo ebbe il prezioso carico ed entrò in mare; e dopo avere alquanti dì navigato, giunse in Palermo, e cercò il fratello di Atanasio, il magnifico Federico Chiaramonte, signore di Caccamo, cavaliere di Papa Onorio III, e difensore della Fede.
Quando si seppe di questa venuta, in folla trasse il popolo al porto, parendo a ognuno uno speciale favore del cielo. E il Crocifisso in solenne processione attraversata la città vecchia, per la porta di Bosuemi passò nella Brigaria e di lì nella Kalsa, fino alla chiesa di S. Nicolò dove era la cappella dei Chiaramonte. Ed ivi fu deposto il bel Crocifisso di Nicodemo nell’anno 1220.

Passano cento anni: altra gente è a Palermo, altri usi. Francesco Antiocheno è arcivescovo, e Manfredi Chiaramonte il più potente barone dell’isola. 
Un bel giorno Manfredi, che sognava sempre nuovi favori da concedere ai suoi concittadini, fa levare il Crocifisso di Nicodemo, e l’offre in regalo alla Cattedrale. 
- Non è giusto che l’opera sì illustre, anzi divina, abiti una cappella privata: appena gli è degna stanza la vasta cattedrale gotica. 
E una processione più grande, più ricca della prima, più solenne, trasporta il simulacro. I canonici in paramenti lo ricevono sulla porta d’ingresso, e fra il salmodiar grave e il fumo degli incensi, la sacra effigie è condotta per le navate della chiesa. 
Ma alla folla non basta l’aver accompagnato l’effigie; i più vicini hanno avuto la ventura di baciare i piedi crocifissi, ma i lontani? Tutti vogliono godere lo stesso favore; gli ultimi sospingono quelli che sono avanti; né gli arcieri di Manfredi Chiaramonte bastano a sostenere l’urto de la folla; nessuno vuole andare a casa senza aver baciato i piedi del Redentore; onde Francesco Antiocheno, ordina che la folla stia da una delle navate, e a uno per volta vengano a baciare i piedi del Crocifisso, che vien deposto sopra gli scalini di un altare...

Nella foto: Il Crocifisso della Cattedrale, cui è ispirata la leggenda. 



Luigi Natoli: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue. 
Pagine 310 - Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 





Luigi Natoli: Premessa dell'autore al volume La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue.


Per non turbare la narrazione, e per non schiacciare il lettore sotto il peso di una spaventevole erudizione, ho soppresso in questo libro ogni e qualsiasi nota.

Per coloro però che volessero sapere donde ho tratto la materia di queste novelle storiche o leggendarie che siano, noto qui le fonti alle quali, con maggiore o minore larghezza, secondo lo svolgimento drammatico, ho attinto.

Il Piede del Crocifisso ho desunto in parte da una monografia di Vincenzo Auria (Il vero e originale ritratto di Cristo N.S. in croce – Palermo 1669) e in parte da una tradizione orale.

Le Gesta di Galeazzo, dalla Sicilia Ricercata di Antonino Mongitore (Palermo 1742).

Un Eroe, oltre che dal citato libro del Mongitore, dalle storie del Sabellico (Deca III, libr. 9) del Cepio (Rebus Venetis libro II) del Maurolico (Sicaniarum Rorum, lib. V, VII).

Fuga d’amore, l’Esodo, il Caso di Sciacca ho tratto dalle Storie Siciliane di Isidoro La Lumia (v. I quattro Vicari, gli Ebrei in Sicilia – La Sicilia sotto Carlo V, nei vol. II e III – Palermo 1883).

Per I Santapau, sebbene le ricerche fatte da ch. Signor A. Flandina nell’Archivio e pubblicate nell’Archivio Storico Siciliano (anno III, fascicolo IV, Palermo 1679) modifichino lo svolgimento di quel tragico fatto, ho voluto seguire invece la cronachetta manoscritta, raccolta dal Villabianca nei suoi Opuscoli che si conservano alla Comunale, la quale mi è parsa più poetica.

Nella leggenda della Baronessa di Carini ho seguito lo stupendo poema popolare edito dal dotto S. Salamone Marino (Palermo 1873 – V ediz.) quantunque l’acuta opinione ultimamente espressa dall’illustre G. Pitrè (vedi la nuova edizione dei Canti Popolari Siciliani Palermo C. Clausen edit. 1891) sia degna di considerazione.



Luigi Natoli

Nota dell'editore: alla raccolta, pubblicata dall'editore Pedone Lauriel nel 1892 sotto il titolo di Storie e Leggende, abbiamo aggiunto: La signora di Carini, leggenda inedita pubblicata sul  Giornale di Sicilia il 31 agosto 1910 con pseudonimo di Maurus; Un poemetto siciliano del XVI secolo, da un Estratto dagli Atti della Reale Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo serie III Vol. IX del 1910"; alcuni brani del poemetto tratti da "Musa Siciliana" di Luigi Natoli, con note e spiegazioni dello stesso autore, pubblicato dalla Casa Editrice Caddeo - Milano nel 1922.



Luigi Natoli: La Baronessa di Carini e altri racconticon fatti di sangue. 
Pagine 310 - Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

martedì 13 marzo 2018

Luigi Natoli: La vendetta. Tratto da: I Santapau.


Il nuovo vicerè, don Ferrante de Acugna era uomo giusto e severo esecutor di giustizia. Quando seppe gli orribili delitti commessi da Antonio Barresi, che abusava delle prerogative baronali, lo privò nell’esercizio del mero e misto impero, e gli ingiunse di scolparsi. 
Don Antonio però non si mosse dal Castello fino a quando non seppe che il Vicerè compieva un giro per le città dell’isola, e giungerebbe in breve a Castrogiovanni. 
Allora radunò tutti i vassalli, i cavalieri, gli aderenti della famiglia, per andare incontro a don Ferrante, cercando di ottenere così, con la manifestazione del suo rispetto, il condono della pena. E perché il suo incontro riuscisse più solenne, mandò pei fratelli, graziandoli, e invitandoli ad accompagnarlo. Voleva così mascherare il suo assassinio, vestendolo delle apparenze di un solenne atto di giustizia, obbedendo in questo a un segreto bisogno di ingannare. 
Ah, quante volte, nelle notti insonni, egli vedeva il fantasma di donna Aldonza, prima tutta bianca nella luce lunare, poi avvolta nel lenzuolo mortuario, con un aspetto spaventevole! Sorgeva talvolta dalla fossa, rizzandosi sull’erba, nella notte profonda, mostrando un cerchio livido intorno al collo bianco come un giglio; e mormorava – Innocente!... – null’altro che questa parola; ma le sillabe cadevano a una a una come stille di fuoco, che si moltiplicavano maravigliosamente e lo bruciavano. L’altro non gli suscitava rimorsi: non aveva egli, sulla torre, pronunziato quelle parole empie? Era dunque colpevole, aveva offeso con l’intenzione il signor suo; meritava la morte; ma pure un ululo di dolore risonava talvolta nell’anima sua; l’ululo della madre al conspetto del figliol suo orridamente morto. 
Il giorno stesso che Antonio Barresi convocava i suoi vassalli per onorare don Ferrante de Acugna, Ugo di Santapau nel castello di Licodia chiamò i suoi figli Fedro e Gualcerando, e disse: 
- È l’ora.
E i due giovanotti, staccate le armi, e baciata la mano del vecchio genitore, montarono a cavallo e partirono. Gualcerando aveva diciotto anni, Fedro venti; erano belli e fieri, i capelli bruni ondeggiavan di sotto l’elmetto sulla gorgiera di acciaio brunito, e gli occhi splendevano di speranza, di audacia, di giovanile ferocia....



Luigi Natoli: I Santapau. 
Fa parte di: La baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue. 
Pagine 310 - Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 





Luigi Natoli: La tragica fine di donna Aldonza Santapau, baronessa di Militello. Tratto da: I Santapau.


Fra i giardini si allungava il sentiero bianchiccio, in fondo al quale si alzava la chiesa di Sant’Antonio, col suo campanile acuminato, che sorgeva dolcemente fra gli alberi sonnecchianti. 
Era la chiesa dove egli, Antonio Barresi, era andato a sposare donna Aldonza; ed era là che ogni mattina andavano a sentir messa. Placida e chiara chiesuola, dove le labbra delicate di donna Aldonza avevano per la prima volta strette quelle del marito desideroso. Oh, qual folla di ricordi e di sentimenti non si riversò nell’animo di lui, in quel momento, contemplando la lontana chiesuola, silenziosa e tranquilla nella pace di quella notte luminosa!... Strinse la testa fra le mani, mentre ruggivagli la passione nel cuore. Ah, quelle notti d’amore, al chiaro della luna che penetrava nella camera del castello, come un fascio d’argento! Ella, tutta bianca, sotto il mite splendore della luna, coi capelli spioventi sulle spalle, sorridente, affascinatrice dritta in mezzo alla camera, attendeva il marito... Il signor Antonio la rivedeva così; e mentre la memoria gli dipingeva il passato vivamente, egli stringevasi le mani disperatamente; ed ululava il dolore cupamente dentro l’anima sua, come lupo affamato nelle notti invernali. 
Abbandonò la finestra, preso da un subitaneo impeto di odio per quel paesaggio così tranquillo, mentre gli dibattevasi nella tempesta della gelosia; con passi concitati, sospinto da una bramosia di sangue che lo accecava, uscito dalla stanza, attraversò un corridoio e aperse un uscio che vi era in fondo; ma si fermò sulla soglia. Dalla finestra penetrava un quadrato di luce tenera sul pavimento verdognolo: e in mezzo a quella luce, dritta e bianca donna Aldonza, con le mani abbandonate sul grembo, stava contemplando il paesaggio; stava così, come l’aveva veduta egli nei giorni della felicità. 
Ella era così assorta, che non sentì l’entrar del marito, e il signor Antonio non si muoveva, assorbito com’era da quella visione che lo riconduceva ai suoi giorni di gioia e d’amore. Un nodo di pianto gli saliva alla gola e lo soffocava; tremò di commuoversi; volle vincere sé stesso, volle dimenticare quel passato per non vedere che la miseria presente; ma nello sforzo un singhiozzo ruppe dal suo petto. 
Donna Aldonza trasalì spaventata, voltossi, e visto il marito così sconvolto, rimase pallida e senza moto, né seppe profferire parola. 
Stettero entrambi in silenzio nella camera illuminata dai riflessi, che s’irradiavano dal quadrato di luce descritto dalla luna sul pavimento: nella quasi oscurità il letto appariva di una bianchezza dubia e velata; qua e là gli smalti delle maioliche e le dorature di un mobile mandavano dei tenui lampi di luce; e in mezzo alla camera immobili, silenziosi, donna Aldonza e il signor Antonio si guardavano: ella tutta inondata di luce, egli immerso nell’ombra, ma gli sfolgoreggiavano di ira, di amore, di gelosia gli occhi e l’acciaio delle armi. 
Finalmente ella disse: 
- Che è dunque tutto questo che accade, signore?
Egli, al suono di quella voce, si riscosse; le visioni del passato sparvero come fiammelle spente a un tratto da un soffio di vento: fece uno sforzo sopra di sé, diede alla sua voce una calma terribile, e rispose: 
- A che cosa pensavate voi, per non sentire che io ero entrato?
Eludeva così la risposta, avviluppando la moglie con la sua dimanda fosca e sospettosa....
Ella si coperse, resa stupida da un terrore ignoto, e uscì col marito. Attraversarono i corridoi in silenzio, scesero le scale, giù nel vestibolo sonnecchiavano due schiavi alti e robusti, due saraceni dal nero volto bieco e feroce...


Luigi Natoli: I Santapau. Fa parte di: La baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue. 
Pagine 310 - Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

Luigi Natoli: Antonio Barresi, barone di Militello. Tratto da: I Santapau.


Cavalcava nel cuor della notte, solo, fra le orride gole dei monti e le pianure interminate; attraversava boschi aspri e selvaggi e campi di frumento ancor tenero; e al trotto concitato del suo cavallo fuggiva un cerbiatto, spiccava il volo una upupa, s’appiattava un lepre. Né la paura di incogliere dei malandrini che infestavano le campagne, né la stanchezza, il bisogno di dormire o di rifocillarsi arrestavano il suo viaggio. L’idea che lo tormentava, l’ira e il dolore che gli sconvolgevano l’anima, gli infondevano una lena e un vigore straordinario.
Egli non vedeva nulla intorno a sé; gli alberi, le rocce, le torri sparivano come fantasmi da un lato e l’altro della via; un bisogno solo urgevagli: arrivar presto, improvviso nel castel di Militello, piombar nelle stanze, come un fulmine, e infrangere la vita di coloro che avevano infranta l’anima sua. 
Non vedeva che il suo castello, il magnifico signor Antonio Barresi, e nel castello non vedeva che una camera, e in quella camera non vedeva svolgersi che una scena, una orribile scena!... E spronava il cavallo, che sbuffava e nitriva dolorosamente, affranto da quella corsa continua di dodici ore. 
Pure, talvolta, il barone Antonio Barresi dubitava.
- Possibile?... ma è possibile? – si chiedeva affannosamente – Come? Quando? Perché? – E ritornava con la mente a ripetersi il fatto che gli era stato svelato da quella lettera infame. Egli era arrivato da un giorno a Palermo dall’Aragona, dove era stato per ambascerie presso il re Giovanni: ed ecco che gli recarono una lettera: da chi era scritta? Dai suoi fratelli, proprio eran essi firmati giù sotto l’accusa formidabile: “don Niccolao, don Luigi”... E se i suoi fratelli mentivano?... Mentire? E per qual ragione? Che cosa potevano aver loro con donna Aldonza? Doveva esser vero... Vero?!... Morte e dannazione!... Oh perché invece di scrivergli quella lettera, essi, i suoi fratelli, non piantarono uno stile nel cuore di quei turpi traditori? 
Pure la lettera non recava alcun particolare, alcuna prova... nemmeno un indizio; l’accusa era breve e laconica “mentre voi andate nelle Spagne pel servizio di Sua Maestà, donna Aldonza vi tradisce vergognosamente col segreto”. E col segreto poi! un vassallo, un servo, un miserabile! Oh quale ondata di fango insozzava le sbarre di argento del suo scudo!...
E mentre pensava, mentre tutti questi dubbi gli tumultuavano nell’anima, e ruggivano mille passioni nel suo petto, egli stringeva le redini nel pugno nervoso, ficcava gli sproni nel ventre del suo cavallo, e lo spingeva al galoppo. E il generoso animale, sbuffando, nitrendo, fremeva, spumeggiava e galoppava....  
La signora in tutto quel tempo non si era mossa dal castello; ma si era divertita alla meglio: non passava settimana che non tenesse una festicciola, e da Scordia, da Palagonia, da Mineo, e anche da Francofonte veniva della gente... Ma tutte donne; la signora non ammetteva uomini, non c’era altri che Bellopede, il segreto... soltanto lui; ed era il segreto che la accompagnava ogni giorno a messa, a S. Antonio abate, fuori le mura. Bravo giovinotto lui! 
Il signore ascoltava tutte queste notizie smozzicate, e ne fremeva: dunque il segreto era sempre alle costole della signora, e la signora si divertiva... davvero, che Bellopede era un bravo giovane!... E la signora una eccellente moglie... Mentre i vassalli, in piedi innanzi a lui parlavano, Antonio Barresi pensava alla lettera, e riferendo all’accusa tutti quei dati, li commentava, li avvalorava, ne traeva conseguenze nuove, e si formava le prove, le prove cercate; onde la certezza ormai gli pareva indiscutibile ed evidente.


Luigi Natoli: I Santapau. 
Fa parte di: La baronessa di Carini e altri racconti di mistero e di sangue. 
Pagine 310 - prezzo di copertina € 21,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 


Luigi Natoli: Il caso di Sciacca. Tratto da: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue.

Caso orrendo che lasciò, come il Vespro, memoria durevole nella tradizione popolare, avvenne per la inimicizia di due famiglie potenti...